RICARDO ASENSIO
Un lungo percorso, pieno di successi e una completa maturità raggiunta, sia artistica che personale, sono i segnali caratteristici che identificano questo pittore spagnolo, che sorprende per la sua grande umiltà e per la sua grande simpatia accompagnate da un indiscutibile carisma; probabilmente il segreto del suo successo.
Confessa che, sin da bambino, percepiva un’enorme curiosità per tutto ciò che lo circondava e che da quel momento capì che si sarebbe dedicato a questo. Le sue doti artistiche si fecero notare presto e sorprese per l’abilità e per la naturalezza, nei disegni e nei dipinti di quei primi anni, inusuali per la sua giovane età, che con il passare degli anni, per la sua determinazione e per le sue capacità, lo avrebbero portato alla posizione che occupa oggi. La vocazione iniziale e il continuo lavoro l’hanno collocato in una posizione di prestigio dove pochi riescono ad arrivare.
Per questo vogliamo approfondire e conoscere ancora un poco di più degli inizi della sua vita e carriera professionale.
Ricardo, cosa ricordi della tua infanzia e dei tuoi inizi artistici?
“Ricordo che disegnavo sempre, a tutte le ore…. a casa, a scuola e persino durante le vacanze. Farlo era come una necessità”.
Qual era il tuo sogno in quei giorni felici? Chi pensavi di diventare da grande?
“In verità non avevo molto chiaro il mio futuro. Mi piaceva moltissimo dipingere, ma al contempo ero innamorato anche del cinema. Ero pieno di dubbi circa il percorso da intraprendere nel corso della mia vita. Quando ho terminato la scuola superiore mi sono iscritto alla Facoltà di architettura. Per i miei genitori avere un figlio pittore o cineasta era inaccettabile; erano professioni insicure e senza grande futuro. In realtà, non si stavano sbagliando e decisi di non deluderli….erano altri tempi ed un’altra educazione”.
Quando hai deciso di fare finalmente il grande passo per dedicarti a questo mondo?
“Avvenne a Barcellona. Mentre studiavo all’università, iniziai a esporre in pub e in piccole gallerie d’arte. Durante i periodi estivi, a Ibiza, facevo ritratti alle turiste straniere. Non che fossero ritratti molto buoni ma comunque erano economici. I miei ritratti ebbero successo. Me li chiedevano perché in parte riuscivo a cogliere una grande somiglianza e poi perché, in quel periodo, ero molto attraente per le donne. Ero alto, moro e tremendamente timido e, per di più, sapevo di piacere e ne approfittavo… (ride)”.
E questo fu l’inizio?
“Sì. Compresi che quella era la mia vera vocazione e che avevo solo un’aspirazione: diventare un buon pittore, arrivare a essere un giorno un grande artista. Il cinema rimase confinato tra i miei sogni di adolescente, capii che ciò che veramente mi appassionava era la pittura. Sviluppai un’intensa vita artistica, con mostre personali e collettive per tutta l’Europa, partecipando, alla fine degli anni ’70, a Biennali e a Mostre artistiche. Nel 1979, a Madrid, fui finalista in un concorso di pittura promosso dall’Accademia di Spagna di Roma. Sicuramente, quel fatto avrebbe segnato per sempre la mia carriera”.
Raccontaci quindi del tuo viaggio in Italia e della tua permanenza nella Città Eterna.
“Conoscevo già l’Italia, vi ero stato già in varie occasioni… d’estate, con i miei cugini, visitavamo varie città sempre con spirito d’avventura. L’Italia ci affascinò, la girammo interamente da Nord a Sud. A Roma, presi contatti con la “Galleria Marguttone” sita nella famosa via Margutta, che era la strada degli artisti, delle gallerie d’arte e degli antiquari. Esposi nel gennaio del 1980, e fu il destino o il caso, io credo molto in queste cose, che Federico Fellini e sua moglie Giulietta Masina visitarono l’esposizione e ne furono entusiasti. Tornarono in varie altre occasioni, considerato anche che vivevano in un attico nella stessa via Margutta. Mi invitarono a casa loro ed instaurammo una buona amicizia. Era una coppia fantastica e affettuosa. Mi chiamavano “bello spagnolo” e dicevano che gli ricordavo a Vittorio Gassman da giovane. Siccome avevano visto il ritratto che avevo dipinto all’attrice Dalila Di Lazzaro, che era di una bellezza affascinante, Fellini mi diceva, sapendo quanto mi piacesse il cinema, che ci avrebbe incluso in qualche suo nuovo progetto. Mi ricordo che quando parlava della Di Lazzaro la chiamava “la gattona”.
Quali personaggi noti hai frequentato e sei riuscito a conoscere?
“Frequentavo i posti che erano alla moda… le discoteche “Jackie O” e “Gil’s”. In quei locali andavano molti personaggi dello spettacolo come Virna Lisi e Ornella Muti (entrambe da me già ritratte in precedenza), Fabio Testi, Sidney Rome, Alberto Sordi, Elsa Martinelli… Furono anni molto divertenti e allo stesso tempo molto difficili. La vita bohème è molto dura, nonostante sia la miglior maniera di vivere! Il mio ricordo di quegli anni è qualcosa di favoloso, i migliori anni della mia vita”.
Mi sembra di capire, tornando alla tua carriera artistica, che fu a Roma dove iniziasti con l’astrazione. E’ così?
“No, non è proprio così. Mi sono sempre interessato alle avanguardie e mi piaceva conoscere e approfondire nuove tecniche. La mia passione verso la materia mi faceva sentire, con le mie tecniche e pigmenti, come un alchimista medioevale. Avevo realizzato una serie di quadri che avevo chiamato “Vulcanica”, che erano stati presentati in varie mostre internazionali con ottimi risultati e buone critiche. Desideravo staccarmi un poco dal figurativo iniziale e fare un passo verso l’astrazione. Fu un cammino lento, anche se coerente con il mio percorso, quello di combinare entrambi gli stili. Credo che, alla fine, sia stato accettato, anche se è molto difficile scrollarsi da dosso un’etichetta, nel mio caso quella di ritrattista. Odio che una persona sia schedata o classificata. Il mio motto era e continua ad essere: “Sono un pittore, nel senso più ampio della parola”. Quello che, in realtà, ebbe inizio a Roma fu la serie del “Cosmo”, per la quale ho ricevuto, nel 1982, il premio “Controvento”. Il Cosmo continua ancora ad appassionarmi e forma ancora parte del mio lavoro”.
In questo periodo stiamo vivendo un momento nell’Arte dove qualsiasi cosa viene chiamata così. Non credi che sia così?… e che opinione ti sei fatto dell’arte concettuale?
“Non mi piace giudicare gli altri e meno ancora criticare un lavoro. Sì, posso sostenere che nell’ARTE (con tutte le maiuscole) è già stato tutto scoperto. Vedo opere che sono “scopiazzate” da altre opere famose e di artisti celebrati. A me piace inventare e non copiare. In merito alla mia opinione verso l’arte concettuale posso dirti che a me non piace particolarmente, anzi non mi dice proprio nulla. Aggiungo che ci sono opere che mi fanno sorridere e per le quali mi sento in imbarazzo! (ride)”.
Sei consapevole che il tuo nome occupa già un posto di rilievo e fa parte della Storia dell’Arte. Alcuni dei tuoi ritratti di personaggi famosi sono presenti in Wikipedia e nelle enciclopedie di tutto il mondo, come anche molti dei tuoi quadri di tutte le varie tematiche, che hai realizzato nel corso degli anni, sono presenti in Internet e si possono ammirare grazie a numerosi blog.
“Ti ringrazio per queste affermazioni e della tua considerazione nei miei confronti. E’ molto difficile restare in alto e il tempo, senza dubbio, mi assegnerà il posto che merito. Oggi sei al vertice e domani, forse, sarai dimenticato… In ogni caso, il premio Nobel per la Letteratura, Camilo José Cela, che ho ritratto nel 1996, diceva che “chi resiste vince”. Forse aveva ragione, anche se per me tutto ciò non mi crea un’ossessione. Cerco di fare il mio lavoro nel miglior modo possibile e, soprattutto, di svilupparlo e approfondirlo. Non posso e non voglio fermarmi a un traguardo, preferisco averne sempre di nuovi, anche se sarebbe stato più comodo e facile continuare a dipingere ritratti per il resto della mia vita (visto anche il successo che avevo con quel tipo di opere). Senza dubbio, il mio essere artista è animato da una continua e spiccata inquietudine, che costituisce anche la mia forma di pensare e di essere”.
Claudia Pesci
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